Si chiamava Max, mamma veneta e papà piemontese. Pragmatico e silenzioso, a tratti testardo, ma comunque un ragazzo semplice.
A diciott'anni, che manco c'aveva ancora la barba, gli dissero che doveva fare il militare.
Lui
obiettò e venne spedito dritto dritto da quell’ometto pingue e azzimato
del servizio civile che lo guardò di traverso per qualche secondo,
sparì in uno stanzino sul retro, e tornò con un secchio e una specie di
spazzolone dicendogli:
- Da oggi tu attacchi.
Lui rispose che non aveva mai attaccato niente in vita sua.
- Mano sinistra, regge. Mano destra, immerge, punta e stende - disse l’omino mentre gli mimava il gesto.
- Mano sinistra regge, mano destra immerge punta e stende - ripetè Max sottovoce.
Fu così che cominciò a fare l’attacchino, in giro, di notte, per le strade del paesello in cui abitava.
E ci prese gusto…
Attaccava
cartelloni pubblicitari di qualsiasi dimensione, forma e consistenza,
perfezionando a tal punto la sua tecnica da cominciare ben presto a
diventare ambizioso. Si mise a riflettere su cos’altro avrebbe potuto
attaccare oltre alle pubblicità e ai manifesti elettorali e prese ad
attaccar bottone.
Quando si sentì sufficientemente specializzato
anche in quello, passò ad attaccar briga. Lasciatemelo dire, fu davvero
un periodo difficile per il paesello tranquillo in cui abitava, ma per
fortuna, un mattino Max si svegliò e decise che anche in quello era
diventato abbastanza esperto, allora si sedette un attimo sui talloni
con aria pensosa e cercò di trovare qualcos’altro di attaccabile.
Attaccò quadri ai muri, etichette ai barattoli, figurine agli album,
polline alle api, tacchi alle scarpe e una volta provò anche ad
attaccare in area, ma non avendo un buon destro sbagliava tutti i cross e
i calci di rigore, così l’ultima roba concreta che attaccò furono le
sue scarpette, al chiodo, e passò a cose più concettuali.
Si
mise ad attaccare i carri davanti ai buoi, per esempio, col risultato
che tutti i contadini del paesello insorsero perché i buoi smisero di
tirare, divennero arroganti e cominciarono a spingere. Un’annata
agricola davvero disastrosa quella! Ci vollero mesi per ripristinare le
giuste competenze.
Preso da manie di grandezza una notte si
svegliò assolutamente deciso ad attaccare la Francia, fece lo zaino e
partì. Arrivato alla linea Maginot, però, si perse un tantino d’animo
perché, vabbè che era un professionista, ma calcolò che la Francia aveva
un bel po' di bombe atomiche a disposizione e lui non ne aveva nemmeno
una, sicché non gli restava oggettivamente un gran margine di successo.
Tornò
a casa sconsolato perché si sentiva un po’ come uno che aveva già
attaccato tutto l’attaccabile e sembrava gli venisse meno lo scopo di
una vita intera. Avrebbe voluto tornare dall’ometto del servizio civile a
chiedergli - E adesso? - ma venne a sapere che ormai era morto e
sepolto.
Così un giorno, quasi senza rendersene conto, attaccò a
leggere e libro dopo libro, realizzò che anche le pagine che sfogliava
erano attaccate alla copertina e, diamine, pure le parole sulla pagina
dovevano esser state attaccate saldamente da qualcuno molto bravo… Chi? E
come?
Andò a chiedere alla bibliotecaria che gli fece notare
una cosa sconvolgente: anche le parole stesse erano attaccate le une
alle altre da un filo quasi trasparente che si chiamava fabula e come se
non bastasse ci doveva essere insieme un altro filo, ancora più
trasparente del primo, che si chiamava intreccio.
- E dove stanno questi fili?
Lei gli indicò la sua testa.
- Dentro?
- Dentro.
- E come li tiro fuori?
- Con questi…
E si ritrovò davanti un calamaio, un pennino e un foglio.
- Sì, ma io devo capire come, esattamente!
- Ti faccio vedere: mano sinistra regge, il foglio, mano destra immerge il pennino, punta l'inizio della pagina e poi stende l’inchiostro… Capito?
- Al volo…
Da
quel momento Max cominciò a scrivere e si disse che avrebbe smesso solo
il giorno in cui avesse attaccato tutte le parole esistenti, in tutti i
modi possibili, creando tutte le storie inventabili.
C'è morto con la penna in mano, ma era felice...Uh se lo era.