domenica 23 settembre 2018

La nostra natura e il dover essere da qualche parte per non essere altrove

È indubbio che ognuno ha la propria natura, ma è anche vero che si può scegliere di cambiarla. È faticoso, ma possibile. Basta remare controcorrente, costantemente, senza tregua e possibilmente non completamente da soli, ma talvolta si è costretti a farlo anche da soli se non si vuole perdere del tutto la rotta.
L'importante è non smettere di remare, perché quando lo si fa la corrente prende e porta via... Dio solo sa quanto è più facile lasciarsi portare dalla corrente piuttosto che remare, ma la direzione non è quella giusta, o meglio, non è quella che ho scelto io.

Ricominciare a remare dopo un periodo in cui ci si è lasciati trascinare dalla corrente è straziante e non si piò contrastare la corrente per dritto, non ci si riesce neanche volendo. Occorre bordeggiare, nel tentativo di riacquistare un po' di slancio, un po' di velocità, sperando di sentire cuore e muscoli che riprendono a pulsare dalla voglia di funzionare di nuovo.
Tu mi hai trovata in un momento di bordeggio, anzi, oserei dire quasi di stasi.
Uno dei miei libri preferiti, parlando del cuore, dice che è ingannevole e difficile da correggere. La veridicità di certe parole la si può intuire, ma la si capisce appieno solo quando si consapevolizza di esserci cascati con tutte le scarpe.
Alcuni di noi passano parte della vita a convincersi di star bene da soli (io per lo meno l'ho fatto) e in parte è anche vero: si rema meglio, senza intralci, si segue la rotta che ci sembra migliore... Insomma, funziona. Poi ci si trova di fronte qualcuno che sembra proprio essere della forma giusta per incastrarsi nel puzzle che abbiamo costruito giorno dopo giorno e ci si dimentica della rotta, ci si dimentica di remare, ci si concentra su orizzonti che non sono quello che ci siamo scelti.
Io ho passato gli ultimi due anni a cercare di far andare d'accordo testa e cuore, ma si è rivelata una lotta impossibile. Da una parte il cuore remava a destra e dall'altra la testa gli remava contro. È come se per due anni non avessi fatto altro che girare su me stessa...
Poco tempo fa ho deciso che era ora di smetterla, ma per riprendere la mia rotta e concentrarmi solo sul mio orizzonte ho dovuto tagliare la fune che mi teneva legata a questa barca che si incastrava perfettamente con la mia, ma non aveva alcuna intenzione di remare con me, nella mia direzione, alla stessa velocità. Già remare per sè stessi è difficile, per due la fatica è sovrumana, se poi capita che nell'altra barca qualche volta si remi anche al contrario allora diventa completamente impossibile.
Liberarsi di quello che era solo un peso o un intralcio dovrebbe sembrare la soluzione definitiva al problema, ma siccome il cuore è ingannevole, si innesca un meccanismo perverso che ti fa improvvisamente dimenticare i motivi che ti hanno portato a tagliare la fune e ti fanno solo sentire il peso dell'assenza, della solitudine che torna.
La difficoltà, non è tanto ricominciare a remare nella giusta direzione, ma desiderare di volerlo fare, perché l'unica cosa che i tuoi muscoli sembrano desiderare ora è tornare indietro a recuperare ciò che abbiamo lasciato andare alla deriva.
Fortunatamente ho una testa che sa esattamente cosa è giusto e cosa è sbagliato per me e per la mia vita e così, per non cedere alla tentazione di tornare indietro, mi sono gettata in mezzo a quella bolgia di voci, persone, chiacchiere e boiate, nel tentativo di trovare qualcosa che mi distraesse e mi facesse dimenticare la voglia di cercarlo di nuovo, vanificando i miei propositi.
In quella bolgia ho trovato te e ho capito cosa mi serviva: tornare a scrivere.
Però io non so scrivere senza meta, ho bisogno di tendere verso qualcosa: ho bisogno di scrivere per qualcuno che sappia leggere.
Tu sai leggere.
E so che hai capito cosa intendo. È come se tu dipingessi un quadro e lo vedessero mille persone, ma tra quelle mille ne scorgi una che osserva le pennellate, le comprende, valuta l'accostamento dei colori e nota anche le sbavature. A quel punto ti accorgi che è valsa la pena dipingere quel quadro per farlo passare da quegli occhi.
Quindi eccomi a chiedertelo: ti va di diventare il mio unico lettore?



3 commenti:

  1. Sono talmente tante le parole che avrei voluto usare dopo ogni tua frase, ma fondamentalmente si riassumono tutte in: è come se stessi scrivendo io questo pezzo per l'unica persona. È come se qualcuno fosse nella mia testa. Nel mio passato.
    Nel mio presente.
    È come se tu fossi l'unica lettrice, l'unica che vede.
    La stessa barca.
    E il ponticello sul Maremola.

    E il parcheggio dove lasciavo spesso la macchina. Dove conto di lasciarla ancora e ancora. Perché, dopo tutti questi anni, io... Mi sento "di lí".

    Qua nella casa sto seduto sul pavimento dell'antibagno, concentrato su di te. Le imposte chiuse. Quelle alla genovese, coi loro spiragli di luce, che ora è fredda, autunnale.
    Il proiettore ronza in pausa, la parete è un fermo immagine.

    Devo uscire a comprare due cose. Le onde sciabordano là fuori.
    Ti penso come se tu fossi qua. In questa casa silente e surreale. "Fredda". Come se, come due pezzi di ghiaccio in un bicchiere, stessimo iniziando a scioglierci. Su quel fondo di vetro comune.
    Ti sento come se io volessi sentirti addosso, in questa casa. Come se tu fossi già dentro il mio corpo e pulsassi per uscire, palesarti, e poi prenderci... Senza ragionare su nulla.

    Il tuo unico lettore.

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    1. Hey unico lettore, vacci piano con la poetitudine che io sto uscendo da una storia malata e ben lungi da me l'idea di farmi trascinare subito in un'altra... Che tra artisti son sempre complesse le storie. Tanto più che tu sei sempre il bambino che giocava in spiaggia sul materassino di mia sorella, ok sicuramente cresciuto, senza dubbio molto più letterato di quanto mi aspettavo, ma nella mia testa sempre bambino.
      E se mi cominci a scrivere cose troppo serie finisce che ti vedo al contrario di come la tipa di Me and you and everyone we know vedeva il suo interlocutore telematico...
      Mi arrotolo da sola sui concetti che cerco di scriverti perché sono troppi e tutti insieme ed è perché sono due anni che non scrivo. A parte una canzone, ma non vale perché era a quattro mani e non è uscita completamente da me.
      Se non hai visto il film che ti ho citato sopra vedilo... Davvero.

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  2. Sorrido.
    Annuisco a quello che dici.
    Ma ci reputo rari. Le persone come noi. E quando trovo questo tipo di "intesa", dove ci si capisce alla perfezione, questa è la mia reazione immediata. Esternare ciò che penso, sento. Senza paracadute, perché le trasformerebbe solo in stronzate da ragazzini.
    Certo, in più il caso ha voluto che io fossi quel bambino. E la cosa mi fa appunto sorridere. Infatti è tutto molto particolare.
    Ma io credo in ciò che di particolare porta l'esistenza. E non penso che le cose particolari capitino a tutti, ma solo a coloro che scelgono di "crederci", detti magari anche artisti.
    Vedrò il film. Anche se recentemente mi sono dedicato appunto a visioni più "leggere". Dovevo distrarmi.
    Comincio solo da poco a riassaporare le profondità e gli abissi senza strappare via quelle visioni dicendo: basta.
    Ho ricominciato solo da poco a reimmergermi, con la corteccia di nuovo un po' più robusta.

    Penso sia facile che individui come me, o te, ci si ritrovi in storie malate, o complicate. Le attiriamo come fossimo magneti per esse? O la normalità che ogni tanto di nascosto chiamiamo, in realtà ci fa solo un gran prurito?

    Pure io, sentimentalmente, ora non bramo nulla, per i tuoi medesimi motivi. E, come ci siamo detti, su quella nostra stessa barca veleggia pure Solitudine (che avevo inserito come Dea in un racconto, ma avevo una prosa schifosa allora, che rinnego). E solitudine ha una doppia faccia, ed è pure una lama a doppio taglio.

    Quindi...
    Quindi vediamo. Intanto eccoci qua. A dirci, e a trovarci.

    Pure io non scrivo seriamente da un pezzo. Dallo scorso inverno, quindi anche io mi arrovello intorno ai punti che si risolverebbero in uno sguardo, e in una risata.

    Di nuovo, sorrido.

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